Marchio debole europeo e relativa tutela: la recente pronuncia della cassazione in una disputa viti-vinicola ne descrive la portata

Un marchio comunitario, malgrado la sua sufficiente capacità distintiva, risulta “debole” qualora si riscontri un collegamento logico con il prodotto contraddistinto, anche limitatamente ad una parte dell’Unione Europea: questo è il principio di diritto pronunciato dalla Suprema Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 39765 del 13 Dicembre 2021.

La disputa da cui origina la suddetta pronuncia riguardava una Società di proprietà di una importante famiglia fiorentina impegnata tra l’altro anche nella produzione vitivinicola ed un’altra società titolare di una fattoria della stessa zona: quest’ultima aveva messo in commercio un vino contrassegnandolo con un nome (“Il Borro del Diavolo”) in parte coincidente con la ragione sociale della prima e con vari marchi da essa registrati (“Borro” e “Il Borro”). La prima si era rivolta al Tribunale di Firenze per ottenere un provvedimento interdittivo oltre che un risarcimento del danno, mentre la seconda si era difesa chiedendo la nullità della registrazione dei marchi della prima per difetto di novità.

La prima sosteneva la forza del suo marchio, anche rafforzato dall’uso ultradecennale, la seconda affermava come la parola “Borro” (che significa “torrente” o “fosso”) fosse, limitatamente all’area geografica interessata, parola di uso comuno per individuare poderi, terreni o vigne di produzione dei relativi prodotti enologici.
Nella motivazione la Suprema Corte, riprendendo la distinzione tra “marchio forte” e “marchio debole” ha sottolineato come il grado di tutela accordato cambi in ragione della qualificazione del marchio. In caso di marchio “debole” (ovvero quando il segno distintivo sia un elemento avente una stretta connessione logica rispetto al prodotto), la confondibilità è da escludersi in presenza anche di lievi modificazioni od aggiunte.

Da tale principio giurisprudenziale ne deriva implicitamente che in tema di marchio europeo (tutelato unitariamente in tutta l’Unione) dovrebbe escludersi la registrazione anche se la causa di impedimento sussistesse solo per uno Stato membro. Nel caso in cui un segno fosse privo della capacità distintiva sulla base di una sola delle lingue utilizzate negli Stati membri, infatti, lo stesso sarebbe inidoneo ad essere registrato come marchio europeo.

Dott.ssa Alice Monzione