DALL’AVVIO DELLE TRATTATIVE AL CONTRATTO DEFINITIVO: 10 PILLOLE INDISPENSABILI SUGLI ISTITUTI GIURIDICI CHE L’IMPRENDITORE DEVE CONOSCERE E SAPER MANEGGIARE CON CURA (I PARTE)
Prima Parte: Le trattative ed i principi giuridici che le disciplinano
- Cosa sono le trattative
L’espressione “trattative” indica, in ambito economico-giuridico, il processo di relazioni e comunicazioni mediante il quale le parti interessate negoziano tra di loro i termini di un contratto, ovvero di un “accordo tra due o più parti per costituire, regolare od estinguere un rapporto giuridico patrimoniale” (art. 1321 c.c.).
Questo processo è caratterizzato da una serie di fasi che possono comprendere la fase conoscitiva e propedeutica alla conclusione del contratto, la negoziazione composta dall’offerta (o proposta) e dall’eventuale contro-offerta (o controproposta), ed infine l’accettazione eventualmente mediante idonea formalizzazione del contratto.
Mediante l’accettazione di un’offerta o di una contro-offerta si giunge alla conclusione di un contratto. Il contratto è concluso infatti soltanto se il proponente ha conoscenza di una adesione integrale della propria proposta da parte dell’aderente. Un’eventuale accettazione non conforme alla proposta si considera una contro-proposta a condizioni diverse, che necessita a sua volta di un’accettazione da parte del primo proponente su tutti gli elementi essenziali per divenire contratto (art. 1326 V co. c.c.).
Questo processo può avvenire sia in pochi minuti di persona, piuttosto che in mesi o anche anni e persino a distanza di migliaia di chilometri con strumenti di comunicazione adeguati.
Nelle trattative svolte a distanza, l’offerta e l’accettazione possono essere contenute in documenti spediti da un luogo ad un altro. In tal caso la conclusione del contratto si ha nel tempo e nel luogo dove il soggetto che ha fatto la proposta ottiene la conoscenza dell’accettazione (art. 1326 I co c.c.).
Se il contratto non giunge a conclusione, in quanto proposta e controproposte non si sovrappongono mai integralmente, le trattative non acquistano autonoma efficacia vincolante per le parti: la condotta delle parti, però, anche in fase di trattativa, è rilevante in base alle disposizioni contenute nel codice civile.
- La buona fede nelle trattative
Ai sensi dell’art. 1337 C.C., le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
Si tratta della c.d. buona fede oggettiva, ovvero del generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di comportamento nell’esplicazione della vita giuridica dei soggetti, che impone alle parti di comportarsi in modo leale e collaborativo durante le trattative. Ciò significa evitare comportamenti ingannevoli e mantenere una comunicazione trasparente.
Va chiarito che il comportamento contrario a buona fede perpetrato nella fase antecedente alla stipula del contratto, che non porta a conclusione dello stesso, può determinare una forma di responsabilità extracontrattuale (c.d. precontrattuale), ma mai un inadempimento contrattuale.
Si ha responsabilità precontrattuale, ai sensi dell’art. 1338 c.c., anche quando “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.”.
L’ordinamento quindi tutela anche il caso in cui l’accordo, pur esistente, non sia tuttavia valido, e rispetto a questo venir meno in via retroattiva del vincolo contrattuale, pone una forma di perequazione attribuendo a carico della parte negligente o spregiudicata, che conosceva o poteva conoscere la causa dell’invalidità del contratto, la responsabilità per eventuali danni subiti dalla parte che aveva fatto affidamento incolpevole sulla corretta stipula del contratto.
- La responsabilità precontrattuale
La responsabilità precontrattuale si propone di tutelare l’interesse delle parti a evitare trattative infruttuose, contratti invalidi o inganni durante la negoziazione. Essa implica la responsabilità per lesione della libertà negoziale, nota anche come “culpa in contrahendo“.
Come detto le norme che la regolano, in particolare gli articoli 1337 e 1338 c.c., impongono un obbligo di comportamento improntato alla buona fede durante le trattative. Ad esempio, se una parte, dopo aver raggiunto un accordo preliminare, si ritira all’ultimo momento, può essere ritenuta responsabile per i danni subiti dall’altra parte che ha fatto affidamento sulla conclusione dell’affare e ha sostenuto spese in previsione della stessa.
L’interesse tutelato è dunque la libertà negoziale, sanzionando le lesioni di questa libertà. Le norme indicano che le parti devono agire con correttezza e serietà.
La responsabilità per culpa in contrahendo è riconosciuta dalla giurisprudenza come una forma di responsabilità aquiliana (extracontrattuale), legata alla violazione delle regole di condotta necessarie per il corretto svolgimento delle trattative. Essa si basa sul principio del neminem laedere, previsto dall’art. 2043 c.c. Tuttavia, alcuni orientamenti giurisprudenziali la considerano parte della responsabilità contrattuale, definendola responsabilità da contatto sociale qualificato, che comporta obblighi reciproci di buona fede e informazione.
Secondo giurisprudenza recente, il danno causato da una parte all’altra deriva dalla violazione di obblighi specifici, suggerendo che la responsabilità debba essere qualificata come contrattuale, da contatto sociale. Esiste, infine, un’opinione minoritaria che classifica la culpa in contrahendo come un terzo tipo di responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale.
Tuttavia gli ultimi riferimenti giurisprudenziali sono tornati sulla tesi originaria della responsabilità aquiliana (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 04/06/2024, n. 15643: “La responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta posta dall’art. 1337 cod. civ., a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale e non contrattuale fondata sul contatto sociale qualificato.”).
Le differenze tra responsabilità aquiliana e contrattuale sono significative, specialmente in relazione ai termini di prescrizione e capacità di intendere e volere. Ad esempio, la responsabilità aquiliana ha un termine di prescrizione di 5 anni, mentre quella contrattuale è generalmente di 10 anni. Inoltre, l’incapacità di intendere e volere esclude la responsabilità aquiliana, ma non quella contrattuale.
La responsabilità precontrattuale si verifica in specifiche ipotesi, tra cui la violazione degli obblighi di buona fede, il recesso ingiustificato dalle trattative e la stipulazione di contratti invalidi o non convenienti.
Inoltre La Cassazione ha definito i requisiti che il comportamento ascritto deve integrare per configurarsi la responsabilità precontrattuale: “per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato” (C. Cass., sent. n. 7545/2016).
Se tale responsabilità può essere configurata nel caso specifico, è opportuno ricordare che la Giurisprudenza e la dottrina sono intervenute definendo come si individua il danno risarcibile riconducendolo al c.d. “Interesse negativo”, ovvero all’evitare trattative inutili.
Il danno risarcibile è dunque quello connesso al pregiudizio patrimoniale sofferto dalla parte e consistente nelle spese incorse per la negoziazione interrotta ed il danno da perdita delle occasioni presentatesi durante lo svolgimento delle trattative e che sono state perse dalla parte danneggiata, intenta alla conclusione del contratto le cui trattative sono state ingiustamente interrotte.
Sul risarcimento del danno subìto dal contraente nell’ipotesi di ritiro ingiustificato della controparte dalle trattative, si è recentemente pronunciata la Seconda Sezione della Cassazione civile (ordinanza 27 ottobre 2021, n. 30186), peraltro confermando un orientamento ormai piuttosto consolidato. Secondo la Suprema Corte, in caso di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è limitato allo stretto interesse negativo: “rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso”. Non è compreso, quindi, il danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto definitivo.
Nei prossimi articoli si tratterà delle scritture proprie della fase della trattativa ed infine delle forme contrattuali che consentono di integrare il contenuto del contratto definitivo in fasi successive.
Avv. Maurizio Pugi